Descrizione
La discussione intorno alla rappresentazione, all’identità del mezzo fotografico, al suo inconscio tecnologico, alla sua stessa materia, che ha caratterizzato i primi anni dell’attività di Dryphoto provengono dalla spinta della ricerca condotta da Andrea Abati negli anni ’70, dalla sua produzione di pirogrammi, chimigrammi, ecc.; attraverso l’uso della pellicola ad infrarossi, anche in contesti sociali o ambientali, delle pellicole sottoposte all’azione di vari agenti e/o materiali, fiamma, vernice, alcol, benzina, ammoniaca, carta abrasiva, Abati inizia a occuparsi anche delle forme astratte, dei segni, della luce in se stessa. Cerca soluzioni espressive diverse, che non hanno più la realtà visibile come riferimento, ma realtà “altre”, che fanno capo all’immaginario e al linguaggio stesso del mezzo.-